“È cambiata solo una cosa. Niente.”
“È cambiata solo una cosa. Niente.”
Quando ho letto come hanno presentato il nuovo iPhone, ieri al keynote del WWDC 2015, subito ho fatto un balzo: “Nel nuovo iPhone non c’è nulla del vecchio modello”. Wow! Finalmente avremo tra le mani qualcosa che riesca a rivoluzionare il design dei telefoni da qui ad anni a venire.
Poi sono arrivate le immagini. Ed è arrivato lo sconforto.
Lo stesso, identico, uguale – anche seppur bello – design dell’iPhone 6. Non si può negare che il nuovo gioiellino targato Apple sia uguale in tutto e per tutto al suo predecessore: i cambiamenti non devono per forza essere sempre estetici, ma anche nell’hardware. Qui si fanno sentire le novità come il materiale della scocca, lo stesso alluminio serie 7000 che viene usato nell’industria aerospaziale, il nuovo chip A9, la fotocamera da 12 megapixel con video a 4K (che accoppiati alle ottiche dell’iPhone, lo renderanno senza dubbio l’imperatore delle foto da dispositivi mobile – perché Re già lo è). Per non citare la vera rivoluzione di questo modello; o forse l’unica. Il 3D Touch. Che altri non è che il Force Touch introdotto sul nuovo MacBook e sullo Watch – prodotto che costituisce già un paradosso, pensando ai record infranti in termini di dimensioni battendo il fratellino Air…
I cambiamenti non devono per forza essere sempre estetici
Ma il design, quello è rimasto lo stesso. Allora perché dire che l’ultimo, formidabile iPhone è completamente diverso? Certo, da buon ingegner Cook pensa come un ingegnere e per questa classe di menti pensanti le vere innovazioni si trovano sotto il cofano. È lì che si fanno le rivoluzioni, per loro – fino ad arrivare ad avere – oggi – degli iPhone che sono incredibilmente potenti e reattivi con le ultime tecnologie presenti nel mercato. Anzi, con tecnologie che saranno presenti sul mercato tra qualche anno…

Ma il primo iPhone, quello che Steve tenne in mano e svelò al mondo quel 9 gennaio 2007 (già, ben 8 anni fa), non era potente come i suoi rivali. Né aveva tecnologie che potevano stare al passo con la concorrenza. Ricorderemo tutti quella insulsa fotocamera da 2 megapixel del primo modello, in un mondo dominato da mamma Nokia con smartphone che potevano vantare ottiche da 5 megapixel; con flash, che ovviamente mancava nel iPhone “Edge”. Per non parlare del 2G! Pensate a voler proporre oggi, per paragone, un iPhone che sfrutti soltanto la rete 3G. Sarebbe una catastrofe (soprattutto per il mercato americano).
Però, quel piccolo oggettino aveva infuocato i cuori di migliaia di appassionati. Ancora ricordo quando leggevo con emozione le prime parole dei test su quel magico iPhone nei soliti siti di informazione. Wow. Questo era l’effetto. Non s’era mai vista una cosa del genere – dal di fuori. Già.
Non stupiva la fotocamera, non stupiva il 2G, non stupiva il tasto home, non stupiva il processore (ne aveva uno?) né esisteva un chip grafico (?!). Ciò che lasciava a bocca aperta era il design. L’immenso schermo. Il touch pad – ma che dico, il multitouch! Il software. Insomma, cose che anche se “sotto il cofano”, le potevi vedere, toccare, sentire.

Malgrado l’incidente diplomatico (la circolazione di foto inedite pre-evento, primo caso di una falla nella sicurezza dell’impenetrabile sistema di intelligence Apple), anche l’iPhone 4 lasciò a bocca aperta: design futuristico, alluminio e vetro di qualità. Sottilissimo. Il primo iPhone che potesse essere davvero paragonato ad un gioiello; ma con un balzo in avanti nella tecnologia.
2G, 3G, 3GS e 4. Poi qualcosa si inceppò. La grande macchina del design guidata da Jony Ive ha fatto un pit-stop. Forse era stato raggiunto l’apice. Ma per Steve, l’apice non esiste. Non può esistere.
Rivoluzione è dimostrare che qualcosa di mai pensato può essere pensato
4, 4S, 5, 5S, 5C, 6, 6S. Alluminio, vetro, sottigliezza e leggerezza. Alluminio, vetro, sottigliezza e leggerezza. Forse Apple sta continuando ad innovare in un modo diverso, più introspettivo che esteriore. Forse le vere rivoluzioni, oggi, in un mercato che pare stabile sono quelle all’interno delle magiche scatolette tuttofare: forse è la tecnologia, il touch più sensibile, la fotocamera a scatto più rapido, il processore a più core. Ma per uno come me, cresciuto nell’epoca del one more thing e delle rivoluzioni targate Jobs, rivoluzione non è essere un passo avanti, con la tecnologia più avanzata. Rivoluzione è dimostrare che qualcosa di mai pensato può essere pensato – è creato. Rivoluzione è quell’iPhone con tecnologie – passatemi il termine – scadenti che fece restare a bocca aperta milioni di persone. È quell’iPad senza tastiera, senza pennino e sottilissimo (senza fotocamera, senza touch ID e con un processore utile solo per un web browser). Rivoluzione è restare senza parole – non pieni di elogi.
PS. Articolo scritto da un fanboy delle tecnologie Apple su computer.